L'architetto è responsabile se il progetto viola le distanze legali

L'architetto è responsabile se il progetto viola le distanze legali
28 Novembre 2023: L'architetto è responsabile se il progetto viola le distanze legali 28 Novembre 2023

IL FATTO. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. i proprietari di un immobile avevano convenuto in giudizio l’architetto Tizio chiedendone la condanna al risarcimento dei danni causati dai lavori di arretramento del loro fabbricato costruito sulla base del progetto redatto dal professionista in violazione delle distanze legali dai confini.
Il Tribunale accoglieva l’eccezione di prescrizione sollevata dall’architetto convenuto e rigettava la domanda attrice.
I proprietari dell’immobile proponevano quindi appello avverso la sentenza di primo grado e la Corte d’appello, respinta l’eccezione di prescrizione, nel merito affermava l’insussistenza di responsabilità in capo all’architetto, in quanto l’arretramento del fabbricato non era dipesa da un suo errore progettuale, ma dal contrasto tra le norme urbanistiche del Comune e le norme dettate in materia di distanze nelle costruzioni del codice civile e dall’art. 9, D.M. n,. 1444/1968. Veniva esclusa, quindi, la responsabilità del professionista, ai sensi dell’art. 2236 c.c., trattandosi di “soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, salvi i casi di dolo o di colpa grave, certamente quivi non ricorrenti”.
Avverso tale sentenza i proprietari dell’immobile proponevano, quindi, ricorso per cassazione.
LA DECISIONE. La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14527 del 25.05.2023, ha anzitutto affermato che “è ius receptum nella giurisprudenza di legittimità” che il progettista dei lavori e direttore degli stessi “deve assicurare la conformità di tale progetto alla normativa urbanistica (..)”.
Ha inoltre ribadito, richiamando che “si tratta di un’obbligazione di risultato, in base alla quale il professionista è tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, con la conseguenza che l’irrealizzabilità dell’opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell’incarico”.
La Suprema Corte ha, quindi, precisato richiamando i propri precedenti conformi che “la costruzione realizzata in conformità del progetto, ma in violazione delle distanze legali, determina un fatto illecito, con conseguente diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista e del direttore dei lavori, stante il nesso causale tra detto illecito ed il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori”.
La Suprema Corte ha quindi concluso che la Corte d’appello aveva erroneamente affermato che “il contrasto tra le norme locali e la norma nazionale non rientrava nel sapere specialistico dell’architetto sebbene fosse stata accertata giudizialmente l’erroneità del progetto per difformità alle norme civilistiche in materia di distanza e al D.M. n. 1444/1968 gerarchicamente sovraordinate alla normativa urbanistica” e pertanto ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’appello in diversa composizione.

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